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Il farmacista e lo stipendio da duemila euro al mese.

In questo approfondimento, Farmacisti Al Lavoro spiega come sfruttare i benefici fiscali di un regime misto dipendente / libero professionista, per guadagnare oltre 2000 € al mese senza lasciare il proprio posto di lavoro.

Il farmacista e lo stipendio da duemila euro al mese.

Farmacisti al Lavoro

Arrivare a duemila euro al mese è impossibile per un farmacista dipendente? Non secondo la strategia di Farmacisti Al Lavoro.

Da quando ho iniziato ad occuparmi del lavoro in farmacia, sono stato molto attento alle varie recriminazioni che i farmacisti collaboratori in regime di lavoro dipendente muovono nei confronti dell’attuale sistema, e sicuramente quella più diffusa è relativa alla retribuzione. <Guadagnamo troppo poco>, questo sembra essere il coro unanime che si leva da parte di quanti, una farmacia propria, non ce l’hanno nè hanno le risorse per acquistarla. I titolari replicano- non senza valide ragioni- che nonostante il basso stipendio netto, a loro un farmacista dipendente costa comunque circa 40.000 € l’anno, a causa dell’elevato costo del lavoro, e sicuramente alcune tra le farmacie più piccole entrerebbero in sofferenza se dovessero offrire ai propri collaboratori uno stipendio degno di un professionista- tanto per dare dei numeri, con un salario che sia almeno prossimo ai 2000 € al mese. Un problema senza soluzione? Non secondo Farmacisti Al Lavoro.

Attualmente, un dipendente full-time con due anni di esperienza guadagna 1400 € al mese, contro i 900 € di un part-time 24 ore.  La soluzione per guadagnare di più? Un regime di lavoro misto dipendente / partita IVA.

Partiamo da alcune considerazioni numeriche. Quanto guadagna attualmente un farmacista dipendente? Il CCNL prevede, per un primo livello con due anni di anzianità di servizio, una paga base di 1990 € lordi mensili su 14 mensilità, per un totale di 27850 € lordi l’anno per un full time e 16700 € l’anno per un part-time 24 ore. A questa somma bisogna togliere le quote relative ai contributi previdenziali a carico del lavoratore (9.19%), la quota di accantonamento TFR (2/27), le tasse (23% sui primi 15.000 €, 27% sull’eccedente) e le addizionali regionali e comunali, quindi aggiungere le detrazioni da lavoro dipendente e per figli a carico. Quello che rimane sono circa 1400 € senza straordinari per un lavoro a tempo pieno e 900 € per un part-time 24 ore, ai quali bisogna togliere le quote di iscrizione all’ordine (150-200 € l’anno a seconda della provincia) e di ENPAF. Relativamente all’ENPAF, si apre poi un’altra questione: conviene pagare 700 € con la riduzione dell’85%, ma almeno maturare una pensione, o versare 180 € l’anno di contributo di solidarietà a fondo perduto e non detraibili? Fatte tutte queste considerazioni, la frustrazione che sembra aleggiare nella categoria è più che giustificata. Personalmente, non ho una soluzione diretta al problema del basso stipendio, anche se qualche beneficio- anche per i titolari- potrebbe arrivare con il passaggio al contratto sanitario. Tuttavia, ritengo che esista una soluzione che consenta, non a tutti ma almeno ai più volenterosi, di vedere migliorati i propri introiti senza fare cambiamenti rivoluzionari o lasciare il proprio posto di lavoro. Questo può essere fatto affiancando al reddito da lavoro dipendente alcune collaborazioni in regime libero-professionale, approfittando dei benefici fiscali offerti dal nuovo regime forfettario.

Per accedere al regime fiscale agevolato basta guadagnare meno di 30.000 € l’anno da dipendente, ai quali si possono affiancare altri 30.000 € con partita IVA.

Per accedere a questo regime, la normativa prevede essenzialmente tre requisiti: a) fatturato inferiore a 30.000 € annui; b) redditi da lavoro dipendente o assimilati, nell’anno precedente, inferiori a 30.000 € annui; c) assenza di partecipazioni in SRL o società di persone. Dal momento che i farmacisti collaboratori dichiarano solitamente meno di 30.000 € l’anno, sono autorizzati ad usufruire del regime agevolato senza lasciare il proprio posto di lavoro, che si tratti di un full time o di un part-time. Quanto ai costi di mantenimento, esistono essenzialmente tre spese fisse e una spesa variabile che dovrete sostenere una volta aperta la partita IVA. Le spese fisse sono 4500 € annui di contributi da versare all’ENPAF, circa 700 € per un commercialista che vi segua i conti e circa 300 € per un’assicurazione RC professionale, di cui come professionisti siete obbligati a dotarvi. La spesa variabile, costituita dalle tasse, in questo regime viene determinata moltiplicando il fatturato per un coefficiente di redditività del 78%, togliendo a questa somma i contributi previdenziali e moltiplicando il resto per 0,15. In altre parole, supponendo 20.000 € di fatturato, si calcola una redditività di 15.600 €, da cui tolti 4500 € di contributi si ricavano 11.100 € “netti”. L’imposta su questi soldi corrisponde al 15%, e quindi a 1665 €.

Anche se un dipendente guadagna solo 7.20 € netti all’ora, alla farmacia ne costa 22. Ecco perchè le tariffe dei liberi professionisti partono dai 25 €, per arrivare fino a 35.

Ma quanto guadagna un farmacista che lavora con partita IVA? La ragione per cui il regime forfettario è conveniente risiede nella risposta a questa domanda. Partiamo da un fatto: un farmacista dipendente guadagna 7.20 € netti per ora di lavoro, che corrispondono a 10.92 € lordi. Tuttavia, il suo datore di lavoro dovrà versare, su quell’ora di lavoro, anche i contributi previdenziali, una quota INAIL e una quota IRAP. Inoltre, tenendo conto delle ferie, della tredicesima e della quattordicesima, il costo orario effettivo alla farmacia è di circa 22 €. Quando un libero professionista presta servizio presso una farmacia, il titolare è esentato dal pagamento di tutte queste imposte: quello che il farmacista gli fattura corrisponde esattamente a quello che la sua prestazione gli costerà. Di conseguenza, la tariffa oraria di un farmacista che opera in libera professione è di almeno 22 € l’ora, ai quali bisognerà sommare una quota variabile che tenga conto di anzianità, esperienza, durata della prestazione (minore durata corrisponde a maggior costo), non necessità della copertura RC, assenza di responsabilità per infortuni e malattia e, soprattutto, capacità di vendita del professionista. Mediamente, le tariffe si aggirano fra i 25 e i 30 € l’ora nelle realtà rurali, e fra i 30 e i 35 € l’ora nelle città, mentre una notte viene retribuita tra i 180 e i 260 € forfettari. Utilizzando il regime agevolato non è necessario aggiungere l’Iva a questa somma, in quanto tale regime non la applica. Attenzione perché  non è possibile fatturare ore allo stesso soggetto dal quale si è assunti come dipendenti.

Con un regime misto, si può arrivare fino a  2160 € al mese, lavorando 40 ore settimanali e facendo 5 settimane di ferie.

Quanto si puo’ guadagnare con un regime misto dipendente / libero professionista? Qui la faccenda si fa interessante. Proviamo a ipotizzare due scenari diversi: un farmacista part-time 24 ore che lavora come professionista per 16 ore a settimana per 47 settimane l’anno, e un farmacista che lavora full-time e svolge inoltre 50 turni di notte in un anno (di media, una notte a settimana) e un sabato e una domenica al mese in libera professione. Il primo farmacista ricaverà dalla libera professione, ipotizzando una tariffa media di 30 € / ora, 22560 € l’anno. A questi togliamo 4500 € di ENPAF, 1000 € di RC e commercialista e 1950 € di tasse, ottenendo un reddito netto di 1260 € al mese. Sommando a questo importo i 900 € derivanti dal lavoro part-time in regime dipendente, si ricava un netto mensile di 2160 €. Diverso il caso del farmacista full-time che fa 50 notti l’anno: in questo caso i proventi da lavoro autonomo corrisponderanno, con un compenso di 180 € a notte e la solita tariffa oraria di 30 €, a 14280 €. Per questo tipo di regime, che ha soprattutto spese fisse, si ricavano 7780 € netti, che corrispondono a 650 € al mese in più. Questi, sommati ai 1400 derivanti dal lavoro dipendente, portano il suo introito netto mensile a 2050 €. Si capisce da questi numeri come, in un regime misto, i ricavi netti saranno tanto maggiori quanto maggiore è la quota in libera professione.

In alternativa, si può utilizzare il regime agevolato per mantenere il proprio reddito lavorando molte meno ore.

Ma è proprio necessario lavorare di più? La scelta, in questo caso, è del professionista. Indubbiamente un regime libero professionale consente di non fare ferie e potenzialmente di lavorare 7/7, ma è una soluzione che personalmente sconsiglio se si vuole preservare la salute mentale. Peraltro, come abbiamo visto nell’esempio precedente, il primo farmacista ricavava 2160 € al mese lavorando 40 ore a settimana e facendo 5 settimane di ferie in un anno. Inoltre, è possibile utilizzare il regime libero professionale per conservare il proprio reddito riducendo le ore di lavoro. Ipotizziamo un contratto part-time di 12 ore a settimana, associato ad altre 12 ore in libera professione per 47 settimane l’anno: in questo caso, si ricava un reddito complessivo di 1260 € al mese lavorando 24 ore a settimana, solo 140 € in meno di un farmacista dipendente full-time. Le soluzioni sono davvero molte, e dipendono dalle esigenze del singolo.

Spero di essere riuscito con questo approfondimento a trasmettere le potenzialità di un regime misto dipendente- libero professionista. In uno dei prossimi approfondimenti offrirò alcuni spunti su come è possibile avviare un’attività di questo tipo.

Ricordati, se non l’hai già fatto, di mettere il like alla pagina Facebook di Farmacisti Al Lavoro, per non perderti questo ed altri aggiornamenti. Per ogni dubbio, informazione o chiarimento, puoi usufruire del servizio di consulenza gratuita scrivendomi all’indirizzo farmacistiallavoro@gmail.com.

Buon lavoro a tutti i farmacisti!

46 Commenti

    • Grazie Michele! Ricordati di mettere il like alla pagina Facebook di Farmacisti Al Lavoro, troverai aggiornamenti relativi sia a questo articolo che ad altri argomenti di interesse per i farmacisti, soprattutto per quelli che non si accontentano.

      • Grazie per le interessanti informazioni… ti chiedo una cosa: posso lavorare a partita iva per una sola farmacia 24 ore settimanali?
        Grazie mille

    • Se ne puo’ discutere, ma trovo il commento poco inerente l’argomento dell’articolo.

    • Aggiungo che è un mestiere a dir poco ridicolo. Responsabilità, pressione, orari folli il tutto ad uno stipendio da fame. Non ne vale la pena a mio avviso, infatti mi sono dimesso e cancellato dall’ordine.
      Purtroppo la nostra situazione non cambierà mai perchè ci sono poteri troppo forti dietro che schiavizzano la figura del farmacista. Tutto ciò è testimoniato dal ridicolo rinnovo di contratto dopo 9 anni. 80 euro lordi imbarazzanti, 2 euro lordi a vaccino (ma chi è il folle che farebbe vaccini?), livello Q2 una farsa, non riconosciuto da nessuno. Se non è essere schiavi questo!
      Caro Gianni in conclusione il farmacista non è un commesso ma peggio. Almeno il commesso non ha sputato il sangue sui libri per 5 anni o più!

  1. nel conteggio delle spese del libero professionista manca l’assicurazione per
    malattia e l’integrazione pensionistica perchè con il solo Enpaf la pensione sarà inferiore a quella del dipendente. Tredicesima e quattordicesima ,poi,difficilmente sono recuperabili in libera professione

    • La copertura malattia è una spesa opzionale, pure se consigliata. La pensione integrativa è ormai una necessità, ma lo è anche per i dipendenti. Il collega che esercitasse in regime misto riceverebbe però sia pensione enpaf che pensione inps, eguagliando probabilmente l’importo della sola pensione inps di un lavoro full-time. Quanto alla tredicesima e alla quattordicesima, competerebbero per la quota dipendente. In libera professione, parafrasando Checco Zalone, bisogna scoccare due frecce per prendere due cinghiali: su questo non c’è niente da fare.

      • In Irlanda lo stipendio medio per un farmacista (entry level) è di circa 60 mila euro ma può arrivare anche a 75 mila. Dopo 3 anni si può diventare supervisor pharmacist con stipendi che arrivano anche a 100 mila. In Italia i farmacisti guadagnano stipendi da fame e sono trattati come pezze da piedi e l’ordine, a parte incassare la quota annuale, non fa una beata m….

  2. Grazie Paolo. Interessante pubblicazione.
    Io sto cercando lavoro all’area di vendita, perché sono farmacista, però al estero. È, tutti lavoro che cerco, qualcuno parlano di la partita Iva…che adesso non riesgo a capire tanto bene, soprattutto per che sono arrivata a Italia fa un mese. Dove posso leggere al rispetto di la legge lavorare e questa partita Iva?
    Grazie

    • Ciao Martina, più che leggere la cosa migliore è parlare con un commercialista. Tuttavia ti sconsiglio di iniziare subito a lavorare con partita iva, prima devi fare esperienza in Italia e imparare bene la lingua. In bocca al lupo.

  3. bell’articolo complimenti! ho delle puntualizzazioni/domande.
    1)ENPAF. il mio ordine mi disse che si è obbligati a pagare la quota 85% anche solo se si è aperta la P.IVA senza necessariamente usarla:ad es. per un anno lavoro come dipendente ma avendo la partita iva devo pagare comunque la quota all 85. si paga la quota intera se i proventi come P.I. superano i proventi come dipendente.
    2) calcolo del costo annuo; a me usciva superiore a 40.000! la farmacia paga contributi per 25000 più lo stipendio per 16mesi (conprendendo TFR e mese di ferie)… la cifra minima si aggira intorno ai 26 all’ora…si deve calcolare che non si ha poi la certezza di lavorare 40ore…e che nei periodi morti il datore di lavoro può “far a meno” di te. Tra l’altro per esperienza conosco 3 liberi prof. che chiedono 40euro l’ora!
    3) DOMANDA: possono usufruirne tutti del regime agevolato? o c’è un limite di tempo e/o di età? io sapevo max 35anni o per max 5 anni…
    grazie complimenti ancora!

    • 1) Si paga l’85% il primo anno se la partita IVA viene aperta dopo il 30 giugno, mentre dal secondo anno (o dal primo se la partita IVA è aperta prima di luglio) si paga contributo intero, indipendentemente che venga utilizzata o meno. Attenzione: se la partita IVA viene aperta per effettuare attività non professionale, ad esempio per fare il rappresentante di formaggi, il contributo enpaf non è dovuto.
      2) Ho rifatto i calcoli diverse volte, mi è sempre venuto 40.000. Nulla da eccepire ai colleghi che chiedono 40 euro/ora, è una cifra comunque ragionevole soprattutto se gli stessi hanno molta esperienza e capacità.
      3) il nuovo regime forfettario non prevede limiti di età o durata. Prevede solo limiti economici e l’impedimento al possesso di quote societarie.

      • Prevede limiti di età e nessun limite riguardo a partecipazioni in società. Ciao e buona giornata

  4. Farei notare che il contributo di solidarietà, così come la riduzione dell’ 85%, è ottenibile solo per 5 anni. In seguito si dovrà versare almeno il 50% della cifra intera, che corrisponde a circa 2200€ all’anno. Quindi un farmacista verserà nelle casse dell’ENPAF almeno 2200€ all’anno per tutta la vita, per ottenere una cifra irrisoria e indecorosa come pensione, ammesso certo che alla pensione ci arrivi.
    Ricapitolando, lo stipendio se ti va bene sarà di 1400€ circa al mese per 14 mensilità, senza alcuna sostanziale possibilità di miglioramento, con 2200€ all’anno all’ENPAF. Poiché questo pizzo corrisponde praticamente a 200 € al mese, lo stipendio cala a poco più di 1200 al mese. Stipendio degno per le responsabilità del ruolo??? Ci voleva la laurea per ottenere quella cifra?? Potessi tornare indietro non farei il farmacista nemmeno sotto minaccia di morte.

    • Concordo in pieno, il farmacista è sfruttato come un semplice commesso senza laurea. Peccato che dopo 5 anni di università non lo paragonerei proprio a un commesso vista la responsabilità che detiene nel dispensare e consigliare farmaci. Per non parlare ora dello sfruttamento e del demansionamento che avviene nelle parafarmacie. Ma ci rendiamo conto? In Italia le cose vanno così e nessuno ha il coraggio di alzare la voce. Guardiamoci intorno, negli altri paesi come viene considerato il farmacista? Inghilterra, Spagna, Francia?… È un professionista della salute, e come tale deve essere considerato e retribuito. È UNA VERGOGNA!

    • Ma chi ce lo ha fatto fare di andare all’università per poi fare un lavoro sottopagato etc. Siamo i più sfigati di tutti. Siamo laureati in una materia seria e facciamo il lavoro più sfigato che c’è – come un commesso di un supermercato qualsiasi. Mio padre lo diceva che dovevo iscrivermi a Medicina…

  5. Ciao Paolo,
    una domanda: posso essere dipendente part time di una farmacia comunale (assunto con contratto federfarma, non assofarm) e lavorare con partita iva le altre restanti ore o la farmacia comunale porta qualche vincolo?
    Grazie!!!
    PS: io adoro il tuo blog!!!!

    • Ciao Francesca, intanto grazie mille!
      Per quanto riguarda la tua domanda, in linea di massima non esiste alcuna incompatibilità, anzi puoi tranquillamente farlo. Tuttavia, i contratti di lavoro dipendente prevedono il cosiddetto obbligo di fedeltà del dipendente, per cui nella pratica ti serve un parere favorevole del direttore della farmacia comunale dove sei impiegata. In ogni caso, prima di aprire la partita iva parlane con lui, spiegagli la tua necessità di avere delle entrare extra e sono sicuro che ti darà il suo assenso. Un saluto.

    • Ciao francesca potresti dirmi come é andata a finire la.situazione visto che anche io mi trovo nel tuo caso? Grazie.

  6. Buongiorno Paolo,
    complimenti per il forum e per la competenza. Non è facile trovare risposte chiare a questi argomenti, soprattutto se poi richiediamo risposte specifiche relative nostro settore. Colgo l’occasione per chiederti alcune info.
    Io attualmente lavoro come farmacista collaboratore con contratto dipendente part-time di 30 ore settimanali in 3 giorni lavorativi e sono in attesa di essere assunto a tempo pieno. Ho molto tempo libero e avrei intenzione di arrotondare facendo qualche ora su altre farmacie… Ho chiesto ad un consulente del lavoro e mi accennava che non è possibile sommando più contratti part-time avere una somma oraria di più 40 ore. Questo prevederebbe accordi particolari e comunque il datore che mi consentirebbe di sforare le 40 ore settimanali dovrebbe pagarmi le ore di straordinario. Inoltre in prospettiva a breve-medio periodo di passare con il mio attuale lavoro a full time questa condizione andrebbe ad ogni modo a decadere.
    Quindi in che modo potrebbero coesistere due contratti differenti??
    Nel caso dovrei per forza aprire partita Iva scatenando così quella cascata di spese ( ex commercialista, enpaf intero e tutte le spese che hai dettagliatamente indicato nel tuo articolo)? E se le mie prestazioni avessero un carattere di occasionalità tale da non giustificare l’apertura della partita Iva, come potrei arrotondare un lavoro a 40 ore ( o di 30) ora che la soluzione voucher è stata eliminata?
    Penso che questa mi situazione e volontà, possa interessare numerosi colleghi. In merito c’è anche un sacco di confusione.
    Ti ringrazio anticipatamente e ti rinnovo i complimenti x questo forum.

    • Ciao Marco.
      Riguardo al voucher, è stato eliminato ma poi reintrodotto, pure se con limiti più stringenti. Trovi maggiori info a questo link: https://www.farmacistiallavoro.it/2017/07/31/farmacisti-guida-ai-nuovi-voucher/.
      Purtroppo, non ci sono altri sistemi legali oltre a contratto di lavoro, voucher e partita IVA. Ti faccio notare che in libera professione dieci ore settimanali per 47 settimane L’anno valgono circa 12-13.000€… Se riesci ad aggiungere qualche lavoro, nell’ordine dei 3-4.000 €, raggiungi una soglia che rende la partita IVA molto conveniente. Pensaci!

      • Grazie Paolo,

        Sicuramente in questo periodo avrò materiale su cui pensare. Effettivamente potrebbe essere una soluzione anche per detrarre alcune spese inevitabili… Una tra tutte l’auto, e perchè no buoni pasto ecc. Mi informerò più dettagliatamente. Intanto vi ringrazio per le info e per questo ottimo spunto.

        Saluti
        Marco

  7. Buongiorno Paolo,

    Volevo sottoporti il mio attuale problema..
    La farmacia dove attualmente lavoro mi sta riducendo l’orario da 40 a 26 ore settimanali, passerei quindi da un full time ad un part time. Secondo te, conviene trovare un ulteriore part da 20/22 ore settimanale o provare ad aprire la partita iva? So che con lo stipendio di due part time si arriverebbe quasi alla soglia dei 2000 euro netti.
    Grazie in anticipo per la risposta

    • Ciao Sergio. Secondo me ti conviene aprire partita IVA perché cumulando due part time guadagni esattamente come un full time, con la differenza che quello che hai ricevuto in più in busta paga lo devi pagare di tasse successivamente come conguaglio.

  8. lavoro da 18 anni presso una farmacia e lo stipendio anzichè aumentare è andato via via diminuendo
    fino al punto che questo mese non sono arrivata nemmeno ai 1400. Guardando la busta paga mi accorgo che mi sono stati tolti 4 sabati di cui 2 ho lavorato full time facendo straordinario pomeridiano
    dato che lavoro solo il sabato mattina e il pomeriggio la farmacia resta chiusa. Premetto che ho la qualifica con primo livello super……..grazie per un eventuale risposta

  9. Buonasera Paolo, ho letto il tuo articolo perchè sono intenzionato ad accettare un contratto dipendente di farmacista territoriale in asl determinato ma ho un lavoro di farmacista dipendente indeterminato in farmacia notturna in cui mi trovo bene ed è indeterminato. Vorrei mantenere il rapporto con la farmacia privata (non si sa mai in futuro) e vorrei collaborare per qualche notte aprendo partita iva. Ho letto il regolamento ENPAF e parla di versare la quota intera in assenza di previdenza INPS, ma io un contratto con previdenza INPS ce l’ho comunque svolgendo la professione e sarebbe solo un qualcosa in più e non capisco perchè affermi che l’ENPAF andrebbe comunque pagato intero, o almeno leggendo il regolamento ENPAF io capisco che in tal caso la quota ridotta può essere mantenuta…puoi spiegarmi meglio la situazioneo se puoi consigliarmi altre soluzioni per collaborare in modo meno oneroso saltuariamente e di rado?

    • È presto detto: sui redditi da partita IVA devono essere versati comunque i contributi. Dal momento che si tratta di attività professionale, l’ente previdenziale di riferimento è ENPAF che però chiede la quota intera. So che alcuni dipendenti che hanno anche partita iva versano invece alla gestione separata INPS, una quota pari al 24% del reddito. A mio parere questa cosa è dubbia, ma per fugare ogni timore puoi chiedere direttamente ad ENPAF. Un saluto.

  10. Complimenti per l’ articolo , comunque penso che potrà solamente peggiorare il contratto ,i titolari sono alla prese con il ddl concorrenza ,senza considerare la diminuzione dei fatturati ,in farmacia vige l’ obbligo dello sconto e molte farmacie di sono lanciate nell’ ecommerce con buoni risultati ,per pochi ,in termini di volume di affari ,peccato che il margine sia basso ,se la voce di spesa nel bilancio è il personale ,cosa volete che facciano i titolari in futuro ? Chi legge l’ articolo ed i commenti per sapere se laurearsi in farmacia ,faccia altro nella vita ,consiglio una buona scuola alberghiera e corsi di cucina ,i cuochi sono ben pagati e ricercati ,un saluto

  11. Volevo aggiungere un aspetto importante,a mio parere ,la maggioranza dei titolari dispensano psicofarmaci senza ricetta medica ed obbligano i propri dipendenti ad adeguarsi,conosco anche titolari che dispensano farmaci per cui occorre la ricetta medica non ripetibile , per loro libera professione ! Poi si agganciano a questo discorso per impedire che la fascia c venga venduta nei corner salute e nelle parafarmacia, cosi’ la GDO ne approfitta per abbassare il livello degli stipendi , si devono vergognare i signori titolari !

    • Hai ragione Sonia. Sarebbe utile se nascesse una associazione di farmacisti seri che raddrizzi la schiena a questa banda di criminali. Quante volte si è visto o sentito di un Ordine che abbia solo richiamato un farmacista titolare per i comportamenti che hai evidenziato? Antibiotici, psicofarmaci, prodotti in scadenza, la salute va davvero spinta?

  12. Credo che la chiave di tutto sia l’autorevolezza che il cittadino riconosce al farmacista.
    Se la farmacia ha l’aspetto di un minimarket e i clienti ci vanno solo perché possono comprare farmaci a basso costo, il farmacista può solo combattere la guerra dei prezzi.
    Se invece la farmacia è un polo multiservizio, dove oltre all’acquisto di farmaci è possibile eseguire alcuni test, farsi vaccinare, acquistare prodotti per la prima infanza, integratori, prodotti per la cosmesi, ma soprattutto se il farmacista è il punto di riferimento cui chiedere consiglio, il prezzo dei farmaci passa in automatico in secondo piano.

    Onestamente quando vedo una farmacia con una croce al neon risalente alle guerre puniche, mi passa un po’ la voglia… la croce è il biglietto da visita della farmacia, e una bella croce, luminosa anche di giorno con il sole, a colori, con animazioni ecc. mi dà fiducia: vuol dire che la farmacia investe e punta sulla qualità in-ogni-aspetto!

    E quindi, quanto guadagna un farmacista che non ha frecce al suo arco? E quanto guadagna invece un farmacista che è un imprenditore, e sa che investire in qualità è il primo passo per crescere?

  13. Salve, ma la riduzione dell’85% è valida per un massimo di 5 anni per i farmacisti dipendenti? O è possibile versare tale quota a tempo indeterminato?grazie…

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