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Test d’ingresso a farmacia: noi siamo favorevoli, ecco perché.

Troppi farmacisti, poco motivati, poco selezionati, che faticano a rivendicare il loro ruolo sanitario. In questo editoriale, vi raccontiamo perchè Farmacisti Al Lavoro appoggia la FOFI nella proposta del numero chiuso nazionale a Farmacia.

Test d’ingresso a farmacia: noi siamo favorevoli, ecco perché.

Farmacisti al Lavoro

La FOFI ha proposto, come soluzione alla disoccupazione, il numero chiuso nazionale nelle facoltà di Farmacia.

Il numero chiuso programmato è la proposta elaborata dalla FOFI, per voce del suo presidente Andrea Mandelli, per cercare di risolvere il problema della disoccupazione nella nostra categoria: 7000 farmacisti attualmente in cerca di lavoro, che potrebbero diventare quasi dieci volte tanti nei prossimi vent’anni se non si troverà una soluzione per contenere il problema. Nel prossimo approfondimento daremo spazio all’opinione di alcune voci critiche (anche se la maggior parte dei farmacisti sembra favorevole), ma in questo editoriale di Farmacisti Al Lavoro vorrei spiegarvi perchè, personalmente, sono assolutamente favorevole.

Quali vantaggi potrebbero derivare dall’introduzione del numero chiuso nelle facoltà di farmacia? Secondo me esistono almeno quattro ragioni: 1) riequilibrio del rappporto tra farmacisti e farmacie; 2) maggiore motivazione dei candidati; 3) maggiore selezione di categoria; 4) parificazione con le altre professioni sanitarie. Ma procediamo con ordine.

In Italia ci sono 4 farmacisti per ogni farmacia. Aumentare il numero di farmacie non serve a niente, se nel frattempo il numero dei farmacisti continua ad aumentare di 2000 unità all’anno.

Riequilibrio numerico. Come abbiamo visto in un precedente approfondimento, una delle principali cause della bassa retribuzione dei farmacisti collaboratori, e quindi possiamo supporre anche dell’elevata disoccupazione, è uno squilibrio nel rapporto tra farmacisti e farmacie. In Italia ci sono quasi quattro farmacisti per ogni farmacia: è ovvio che per ridurre questo rapporto, e quindi migliorare sia la situazione occupazionale che quella retributiva, si potrebbe aumentare il numero di farmacie, e questo in parte avverrà con le aperture del concorso straordinario. Tuttavia, per portare il rapporto a 3 agendo solo sul denominatore, e raggiungere così il Portogallo, penultima nazione europea in questa classifica, il numero di farmacie dovrebbe passare da  18200 a oltre 23400, pari ad un aumento del 28%. Risulta indispensabile intervenire anche sul numeratore: ogni anno nel nostro paese 3500 studenti arrivano alla laurea, mentre il sistema ne assorbe circa 1500. Questo significa che il rapporto cresce di 2000 unità all’anno, aggravando ulteriormente la situazione. Quale beneficio avrà portato il concorso straordinario, se il rapporto farmacisti / farmacie rimarrà immutato se non addirittura aumentato?

Molti colleghi non sono contenti di fare i farmacisti perché nella vita volevano fare altro. C’è bisogno di maggiore motivazione nella categoria.

Motivazione. Non posso portare dati precisi a sostegno di questa posizione (perché non ne esistono), ma credo sia opinione comune che molti colleghi si siano laureati in Farmacia dopo essere stati scartati dalla facoltà di Medicina. Mi auguro che la maggior parte di loro sia riuscita in seguito a trovare gioia in questo lavoro, ma è indubbio che alcuni di loro esercitino una professione che non hanno mai amato, e questo potrebbe avere risvolti negativi sulla loro motivazione. Ritengo che una maggiore selezione in entrata porterebbe nei nostri ranghi solo i candidati più motivati, persone capaci di riscoprire quella passione per il nostro lavoro che in molti di noi- almeno stando all’impressione che se ne ricava leggendo i commenti sui social- sembra mancare. Si sta parlando, in questo periodo, di ampliare le competenze dei farmacisti. Sicuramente l’ampliamento delle nostre competenze porterà linfa vitale alla professione e (forse) nuovi posti di lavoro, ma le proposte devono nascere ed essere portate avanti da una generazione di colleghi motivati, non da persone che nella vita vorrebbero fare altro.

Molti farmacisti si lamentano, a torto o a ragione, di lavorare per colleghi meno bravi di loro, e molti figli d’arte si sentono sottovalutati. Una stretta selezione in entrata metterebbe a tacere queste voci, in entrambi i casi.

Selezione. I test di ammissione non sono certo infallibili, ma un esame come quello che viene proposto agli studenti di medicina permetterebbe di selezionare le menti più predisposte ad un ragionamento di tipo logico-deduttivo, caratteristiche indispensabili per un professionista della salute. Molti colleghi dipendenti si lamentano- a torto o a ragione- di lavorare per farmacisti meno bravi di loro, e molti giovani figli d’arte si sentono continuamente sottovalutati per il semplice fatto di aver ereditato una farmacia, come se essere figli di farmacisti e seguire le orme dei genitori fosse una colpa. Una stretta selezione in entrata risolverebbe il problema in entrambi i sensi.

Siamo fra i pochi corsi di laurea a indirizzo sanitario senza il numero chiuso nazionale.

Parificazione con le altre professioni sanitarie. Quasi tutti i corsi di laurea per professioni sanitarie hanno un numero di accessi programmato annualmente a livello nazionale, che tiene conto dell’effettivo fabbisogno. In un periodo in cui il farmacista fatica a rivendicare il suo ruolo sanitario, una parificazione con le altre laurea sanitarie potrebbe portare giovamento.

Spero, con le mie ragioni, di avervi convinto, anche se si tratta di una posizione personale che sono pronto a discutere se qualcuno mi dimostrasse che ci sono soluzioni migliori. Sicuramente la prossima domanda che dovremmo porci, una volta accettato il numero chiuso nazionale, sarebbe la seguente: quanti candidati ammettere ogni anno, tra farmacia e CTF? Se è vero che il sistema ne assorbe solo 1500 ogni anno, forse sarebbe opportuno accettare 1000 candidati all’anno per una decina d’anni, per poi aumentare progressivamente il numero fino al tetto di 1500. Sperando, nel frattempo, che dall’ampliamento delle competenze del farmacista e da una maggiore liberalizzazione del settore sarà derivato un miglioramento della situazione occupazionale.

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5 Commenti

  1. Personalmente sono fermamente contraria al principio ed al metodo, per una serie di motivi.
    Il primo e più “generico” è che il numero chiuso in base ad un test è illiberale e non meritocratico.
    In secondo luogo ritengo che i test, così come sono concepiti, basati su domande inerenti tra l’altro nozioni che non sono impartite a scuola, che vengono acquisite con la frequenza ad appositi corsi a pagamento (si aprirebbe qui una questione politica, ma per ora sorvoliamo), non possa misurare le reali capacità del candidato e tanto meno della sua “motivazione”, non può essere strumento predittivo atto a discernere tra un buon farmacista ed un farmacista (forse) molto erudito ma assolutamente incapace.
    Ma andiamo al sodo.
    Le università sono piene di studenti che hanno superato il test di ingresso e che ripetono gli stessi esami dieci volte senza successo : questi che professionisti promettono di essere?
    Eppure hanno superato il test: come funzionano le cose??
    Sono, ripeto, per un metodo meritocratico, che non chiude l’ingresso in modo così sommario e fallace.
    In modo più realistico ritengo che invece sia per esempio da limitare il numero di accessi al medesimo esame, e via di seguito su questa linea.
    È questo un modo più coerente dell’attuale di formare un potenziale buon professionista.
    Potenziale. E se son rose…

  2. Non sono d’accordo con il limite per gli esami, dato che l’università purtroppo, ma siamo in Italia, non è meritocratica si rischierebbe che studenti meritevoli non abbiano il giusto riconoscimento.

    Viceversa favorevole ad una selezione a monte, come nelle altre professioni sanitarie

    E per favore si facciano controlli per l’abusivismo professionale.. chi dovrebbe controllare non lo fa.

  3. Se uno pensa di saper fare bene il pane, può liberamente aprire un forno dove vuole e vendere il suo pane. Sarà il mercato a decidere se il suo pane è veramente buono e al giusto prezzo. Se sbaglia chiude e va a fare un altro mestiere.
    Sono un ingegnere, laureato dopo un faticoso percorso di studi, ho sostenuto un esame di stato che mi consente l’iscrizione in un albo professionale e abilita all’esercizio della professione. Posso aprire uno studio e fare dei progetti. Sarà il mercato a stabilire se sono veramente competitivo altrimenti dovrò chiudere e fare un altro mestiere.
    Se studio Farmacia per intima vocazione e mi laureo a pieni voti in tempi record, sostengo un esame di stato abilitante all’esercizio professionale, tutto quello che posso fare è un tirocinio a 500 euro al mese sotto padrone! Questo è veramente sbagliato!
    Perchè non è possibile aprire liberamente una propria farmacia? Questa sarebbe veramente la soluzione più logica nell’interesse di tutti….o quasi…

  4. “Molti colleghi non sono contenti di fare i farmacisti perché nella vita volevano fare altro”. Invece lo scrivente avrebbe fatto volentieri il farmacista, solo che lo ha capito troppo tardi e ormai si era iscritto a Chimica. E dopo la laurea (110L, se il voto può significare qualcosa) non fa il farmacista (ovviamente, non avendo i titoli per farlo), ma nemmeno il chimico. E non ha l’età per ricominciare da capo tutto il percorso, anche se qualche esame si assomiglia.

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